Moderatrice: Loredana Cornero

Relatrici: Cecilia Robustelli (Italia), Maria Carreras y Goicoechea (Spagna), Susi Ronchi (Italia), Alicia Oliver Rojo (Spagna), María Elena Hermosilla (Chile), Maura Brescia (Chile), Virginia Ciaravolo (Italia), Marta Rulln (Spagna).


Dopo un’introduzione della moderatrice Loredana Cornero che  ricorda l’impegno sulla questione del sessismo nella lingua sin dagli anni 70 ed in particolare il volume “Il sessismo della lingua italiana” di Alma Sabatini, il primo intervento è di Cecilia Robustelli, ordinaria di Linguistica Italiana all’Università di Modena e Reggio Emilia, collaboratrice dell’Accademia della Crusca e vicepresidente della European Federation of National Institutions for Language.

La sua relazione ripercorre i punti qualificanti della discussione sul rapporto tra lingua e differenza sessuale e i suoi riflessi sull’uso della lingua, con particolare riferimento alla rappresentazione della donna ed esaminato le recenti proposte di sostituire le desinenze grammaticali con un simbolo e la possibilità di una loro concreta implementazione.

Dal parte sua Maria Carreras y Goicoechea, docente presso l’Università di Catania propone una riflessione su un corpus di titoli su Covid-19 con l’obiettivo di evitare il perpetuarsi di modelli patriarcali attraverso un uso (in)volontariamente sessista del linguaggio, da un lato, e l’esclusione di coloro che non si riconoscono nel modello binario tradizionale, con uno studio di alcuni titoli di giornali spagnoli e latinoamericani, che offrono esempi di uso consolidato che possono essere assunti come modello di buone pratiche per una lingua inclusiva.

Susi Ronchi, giornalista della Rai TGR, Coordinatrice di Giulia Giornaliste Sardegna, riporta alcuni dati i più recenti sulla par condicio di genere nei media, rilevati dall’ultimo monitoraggio effettuato dal GMMP (Global Media Monitoring Project), che mostrano un calo significativo della presenza delle donne come esperte dal 18% del 2015 al 12% sui media tradizionali del 2020. 

Alicia Oliver Rojo, spagnola, giornalista specializzata in questioni di genere, Fondatrice dell’Association of Women Journalists of Catalonia (ADPC), della European Network of Women Journalists (REMP) e della International Network of Journalists with a Gender Perspective (RIPVG), e María Elena Hermosilla, docente di giornalismo e comunicazione, presso le Università del Cile, Andrés Bello, Portales e l’Università Federale di Santa Catarina (Brasile), presentano un’interessante relazione sulla presenza delle donne nelle notizie dei giornali come leva fondamentale per l’empowerment delle donne, ricordando come il capitolo J della Piattaforma di Pechino stia andando avanti molto lentamente e che è il caso di capire il perché. 

Maura Brescia, giornalista con studi sulla produzione cinematografica e televisiva, presenta un suo video che traccia l’arduo percorso delle scrittrici cilene e latinoamericane per il loro riconoscimento letterario. Una ricerca che, a partire dalle prime scrittrici, tra cui due monache del convento di Santiago del XVI secolo, abbraccia il prisma di narratori e romanzieri a livello continentale e la loro lunga lotta per la discriminazione di genere, che dura fino ad oggi.

Il panel si chiude con l’intervento di Virginia Ciaravolo che sottolinea la stretta relazione tra i femminicidi e la violenza del linguaggio, nonché della vergognosa comunicazione dei media sulla violenza sulle donne che va assolutamente cambiata.

Agli atti del Congresso si aggiunge l’interessante intervento di Marta Rullan, direttrice dell’Agenzia EFE in Italia, che esordisce con la seguente affermazione: “Nonostante l’attuale incertezza in cui è immersa la società, c’è una certezza fondamentale: l’informazione è un diritto e la sua restrizione, la violazione di una libertà fondamentale di comprendere il mondo in cui viviamo”.

In questo contesto, sottolinea, “parlare oggi di donne e di media significa parlare del fatto che l’accesso alla dirigenza, dove si prendono le decisioni che fanno la differenza, resta precluso alle giornaliste, poiché solo il 24% delle posizioni manageriali nei media sono occupata dalle donne in Spagna nel 21° secolo, un piccolo progresso che mostra quanto sia lunga la strada verso l’uguaglianza”.